Consapevoli che il CRM non è solo un software, ma un cambio di mentalità, le aziende che vogliano abbracciare le enormi opportunità offerte dall’experience economy devono saper valorizzare il contributo della tecnologia, per riuscire a vincere le sfide di un mondo che cambia.
Molte organizzazioni faticano ad interpretare bisogni, desideri ed aspettative dei clienti e del mercato in generale, e questo rende difficile instaurare una relazione. Da parte loro, le persone, sono meno sensibili al prezzo e comparano le esperienze vissute con un’azienda non solo con quelle dei diretti competitor ma anche con altre realtà in mercati e settori diversi.
Questo significa che il cliente confronta la UX dell’app di una compagnia di navigazione con quella di una fintech, l’esperienza di prenotazione di Booking con quella di una compagnia aerea, la modalità di pagamento di Amazon con quello di una catena di hotel, il customer service di una banca online con quello di una telco, il portale self-service di una utility con quello di una assicurazione online.
Peraltro, gli effetti della pandemia hanno contribuito al fenomeno che McKinsey ha chiamato “Shock to Loyalty”, che si manifesta con una riduzione della fidelizzazione, un aumento dei comportamenti opportunistici, e la ricerca ed utilizzo di nuovi fornitori per prodotti, servizi, esperienze. Inoltre, abituato al “tutto ovunque e subito”, il cliente vive in un mondo in cui l’immediatezza è un mix tra dipendenza e capriccio.
Passare dal come spendono i clienti al perchè spendono lavorando sui processi esterni ed interni
Pertanto, se prima ci si focalizzava solo sul come e sul dove i clienti spendevano, oggi è necessario porre attenzione anche al perché: perché una persona dovrebbe scegliere e pagare i prodotti, i servizi, e le esperienze offerte da un’azienda piuttosto che da un’altra.
In questo “contesto liquido”, le aziende devono intervenire sui processi per migliorarli, ammodernarli, automatizzarli e crearne di nuovi, con un approccio al miglioramento continuo che investe tutta l’organizzazione, e non solo i touch point ed i processi che interessano i clienti in prima persona. Infatti, l’efficienza del back-end influisce sulle prestazioni del front-end, che si tratti di impianti, persone, processi; è sufficiente pensare al ruolo della logistica per un e-commerce, ed alla formazione per gli operatori del customer service.
Inoltre, le azioni sui processi interni aiutano anche a fronteggiare i concorrenti che hanno così più difficoltà a replicare prodotti, processi, servizi a loro non visibili direttamente, anche alla luce del fatto che oggi più che mai molte attività di front-end sono basate su soluzioni tecnologiche liberamente disponibili sul mercato. Quindi se per i concorrenti è facile avere la stessa tecnologia, ed è fattibile replicare i processi di front-end, diventa molto più difficile conoscere e replicare il contributo dei processi di back-end.
Chi agisce sui processi interni ed esterni si differenzia nettamente dai competitor, ed acquista vantaggio competitivo, anche a parità di tecnologia utilizzata e risorse finanziarie spese.
Per dare una rappresentazione visiva a questo approccio diciamo che si deve agire anche al di sotto della linea di visibilità delle customer journey, che a questo punto, se ben fatte, non devono rappresentare solamente alcune journey dei clienti ma anche dell’azienda. Questo spiega perché, chi ha correttamente interpretato un approccio basato sulla customer experience, ha sempre considerato in maniera estensiva il termine “customer”, considerando clienti esterni, interni, e potenziali, spingendosi sino a partner e fornitori.
Il CRM è una cultura aziendale, un cambio di mentalità che trasforma il modo di lavorare ed i processi interni ed esterni, e come tale deve essere parte integrante della strategia complessiva pensata per condurre l’azienda verso un approccio centrato sul cliente. Tutto questo migliora le esperienze vissute dai clienti e consente all’azienda di individuare metriche, assegnare priorità, guidare investimenti. Ed inoltre i vari responsabili aziendali sono spinti a ripensare il loro ruolo e le loro attività in modo da fornire un contributo attivo al raggiungimento degli obiettivi.
In quest’ottica il CRM come sistema tecnologico diventa un elemento chiave sia per i processi interni che per quelli esterni direttamente percepiti dal cliente. Per questo è importante prevedere soluzioni che non siano monolitiche quanto piuttosto scalabili ed integrabili anche con sistemi utilizzati in altri ambiti quali customer service, marketing automation, digital marketing; senza tralasciare gestione logistica, contabile, e degli approvvigionamenti.
Soluzioni di questo tipo portano molti vantaggi, tra questi la possibilità di:
- adeguarsi progressivamente in funzione di sviluppi ed obiettivi aziendali, consentendo anche di frazionare i budget di spesa;
- migliorare la business continuity;
- agire con più efficienza nelle attività di workflow automation, per liberare ore-uomo, aumentare le prestazioni e ridurre i costi.
Il tema dei dati merita una riflessione dedicata: un tempo si parlava spesso di “sili”, ad indicare compartimenti stagni di dati spesso intrappolati nelle piattaforme tecnologiche che li generano e/o contengono. Ma l’introduzione di soluzioni tecnologiche CRM ha portato tanti miglioramenti, in un percorso partito dai primi database alloggiati nei server aziendali alle soluzioni cloud di oggi.
Questo percorso ha permesso di liberare i dati e metterli a disposizione delle varie funzioni aziendali sino ad arrivare ai laghi di dati (c.d. datalake). D’altro canto, anche grazie al cloud, abbiamo oggi sia una moltitudine di tecnologie che riescono a dialogare tra loro utilizzando le medesime basi di dati, e sia soluzioni in grado di lavorare su una moltitudine di sorgenti di dati e riaggregarli in maniera organica, si pensi alle CDP Customer Data Platform.
Le moderne soluzioni CRM rivestono un ruolo insostituibile in azienda, sono in cloud, riescono a dialogare con le più disparate tecnologie, e rimangono la più importante fonte di dati aziendali di prima parte.
Se automatizziamo un processo inefficiente automatizziamo anche le inefficienze; ecco perché prima è importante capire se tale processo è migliorabile, e come, o se invece può essere eliminato.
Spesso si automatizzano processi con lo scopo di minimizzare il coinvolgimento delle persone, aumentare le prestazioni, e ridurre i costi. L’applicazione di questa logica in maniera miope e fine a sé stessa ha già creato diversi scompensi su molte aziende, ed ancora più sui clienti.
Le dinamiche di workflow automation andrebbero pensate almeno su due livelli, i processi interni e quelli esterni, per progettare adeguatamente le ripercussioni sulle persone coinvolte, che si tratti di clienti, dipendenti, o fornitori. Inoltre, si devono considerare sia i processi esistenti che quelli ancora da progettare, facendo il possibile per liberare le persone da task a basso valore ed evitare di assegnargliene di nuovi.
Pertanto, è da valutare positivamente la delega a macchine ed algoritmi di processi e servizi altamente ripetitivi, time consuming, e poco gratificanti per le persone coinvolte. In questo modo le ore-uomo risparmiate dall’azienda possono essere impiegate in ambiti a maggior valore aggiunto.
Del resto, è noto come uno dei motivi del mancato successo dei progetti CRM sia da ricercare nella user adoption, se i dipendenti percepiscono l‘introduzione di nuove tecnologie come un’ulteriore incombenza mancano i presupposti per la buona riuscita di qualunque iniziativa. L’aumentata gratificazione dei dipendenti va a vantaggio della produttività, e la maggior soddisfazione dei clienti porta benefici diretti sul business. In questo modo, tecnologie e processi saranno visti come portatori di miglioramento, felicità, ed efficienza.
Un processo automatizzato con criterio soddisfa tutti, a beneficio del bilancio aziendale.
Talvolta, inoltre, si possono utilizzare soluzioni di automazione che svolgono task specifici in maniera precisa e veloce, grazie all’implementazione di “plug-in”, e questo spiega la presenza già oggi di marketplace dedicati a queste soluzioni, che ricordano gli store di app per gli smartphone. Le aziende potranno quindi liberare la fantasia senza pensare troppo al budget.
Le persone sono oramai abituate ai livelli di servizio ed alle esperienze di cui possono già godere, offerte dalle aziende migliori. Questo significa che è sempre più difficile tenere il passo e differenziarsi, e per farlo non è più sufficiente agire solo sui touchpoint con i clienti, ma è necessario abbracciare l’intera organizzazione.
È altresì essenziale capire ed anticipare il comportamento del mercato e dei concorrenti, e per riuscirci è importante valorizzare i dati e le informazioni che già si possiedono, ma anche raccoglierne di nuovi, ad esempio tramite l’attività di ascolto e di raccolta feedback, il noto CFM Customer Feedback Management.
I cambiamenti veloci e poco prevedibili che ci troviamo ad affrontare richiedono un approccio rigoroso ma flessibile, per il quale non è necessario investire di più ma investire diversamente e meglio, per fare cose nuove ma anche le stesse cose in modo nuovo.
La sfida è quella di offrire esperienze di valore ai clienti, tenendo a mente che tutti i clienti sono persone, ma il viceversa non è vero.
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Articolo a cura di:
Gian Carlo Mocci
Presidente AICEX Associazione Italiana Customer Experience